Berenice 6

Berenice e lo spaventa pifferi.

Berenice amava molto la musica, quella della banda e anche quella della radio che ascoltava a volte dopo aver fatto i compiti. Un pomeriggio in uno dei primi giorni di marzo, Berenice stava ascoltando la musica, divertita e lieta che usciva dalla grande bocca nera della radio sul comò. A un tratto su sentì un urlo e dopo la radio tacque. Cosa era successo? La radio era ancora accesa ma non si udiva nulla. La mamma di Berenice spense l’apparecchio e Berenice andò a giocare in giardino. “Che belle le mie bambole!”, pensava la bimba tra sé e sé e giocando e rovistando nella cesta dei giochi trovò un pifferino di legno chiaro: lo portò alla bocca e cominciò a suonare… “Ma che bella musica!”, esclamò la mamma mentre con un cenno chiamava a sè la bimba. Berenice si avviò verso l’interno della casetta, stringendo bene in mano il suo pifferino di legno. Andò in cucina la bimba perché la mamma le chiese di aiutarla un po’. Berenice posò di canto il suo pifferino e aiutò la mamma nelle faccende: doveva asciugare alcuni piatti per benino. Asciugare i piatti è un compito importante e Berenice lo portò a compimento solennemente, con la fierezza che contraddistingue le bimbe brave e giudiziose. Ma quando finì, al cercare il suo pifferino, Berenice si accorse che non stava più lì: qualcuno lo aveva rubato. La piccola bimbetta vispa andò a chiedere alla mamma se avesse visto il suo pifferino ma quella, bonariamente le rispose: “devi stare attenta figlia mia, in giro, dicono che ci sia uno spaventa pifferi che ruba la musica”. Berenice restò a bocca aperta, “sicuramente lo avrà rubato lui, si si, lo spaventa piffero”, pensò tra sé e sé e tornò a giocare in giardino fino al tramonto. La mamma non ebbe mai il coraggio di confessare che lo spaventa pifferi non esisteva e che era stata lei a togliere il pifferino dal comò per evitare che Berenice facesse troppo rumore disturbando il vicinato.

Berenice 5

Berenice e lo specchio del sarto.

Aspettando la primavera tante sono le attività che si svolgono nel bosco ma quella mattina la mamma di Berenice doveva andare in città a sbrigare delle commissioni. Berenice vispa e contenta si preparò per bene scegliendo una bella bambola di pezza da portarsi d’appresso. Salirono sulla corriera blu che attraversando il bosco unisce la rocca di su alla città di giù. Berenice volle sedersi vicino al finestrino. Era tutta contenta e vispa che osservando di fuori il paesaggio sfuggire rapido, Berenice non si accorse del tepo che passava e restò sorpresa quando la corriera si fermò. La mamma le prese la mano e andarono insieme in giro: droghiere, pizzicagnolo, ufficio postale, sarto: già, andarono dal sarto per provare un vestito per la prossima primavera. La bottega del sarto era piccola ma accogliente, piena di stoffe svolazzanti e gessetti piatti per segnare le pezze. In un angolo della botteguccia colorata c’era anche uno specchio, grande e con una cornice monumentale: arrivava fino a terra e Berenice restò sorpresa a vedere quell’altra sé in quella stanza tutta al contrario. La piccola sapeva bene cosa fosse uno specchio ma restò comunque rapita e cominciò a fantasticare: “chissà se quella nello specchio sa chi sono io” si domandava tra sé e sé. Berenice irrequieta e beffarda girava intorno allo specchio per prendere di sprovvista l’altra sé stessa nella stanza al contrario e girava e girava… e il tempo passava quando ad un tratto nello specchio vide un uccellino posatosi sul davanzale della stanza al contrario: si girò di scatto e l’uccellino che era sul vero davanzale scappò via volando allegro. Berenice tornò al mondo reale quindi e si affacciò alla finestra osservando il cielo verso l’alto e notando tante piccole nuvolette sopra gli uccellini festosi che volavano in cielo. “Che strane le nuvole”, pensava la bimba: “sembra che prendano sempre le sembianze di qualcosa. Chissà se anche dentro lo specchio ci sono le nuvole?”. Si fece tardi e Berenice e la mamma tornarono a casa. Quella sera Berenice si addormentò pensando all’altra lei al di là dello specchio…

Berenice 4

Berenice e Serena Tremendina.

Domenica, il giorno più bello. Berenice quella domenica di febbraio andò a far visita alla sua amica Serena che abitava di là del bosco, su una radura spalmata magica dove crescevano i fiori turchini. Serena Tremendina era una bimba, alta poco più di un soldo di cacio e con una vispa intelligenza creativa: passava il suo tempo libero – libero dai compiti – cucendo accessori per le sue bambole di carta folletta. Tornando a Berenice: la bimba Berenice, con il suo vestitino nuovo tutto colorato e il suo cappello trionfale che le blaterava sulla testa si incamminò, andò prima a trovare il lupo bancario e con lui restò a sorbire del té per una buona mezz’ora, poi al rintocco del gufo sul ramo si rimise in cammino e arrivò alla casetta bianca di Serena Tremendina. Le bimbe si salutarono e poi di corsa a giocare, liete di poter passare un pomeriggio insieme. Serena e Berenice giocarono con le bambole e con le casette di carta gnoma. Quando calò la sera Berenice si congedò e accompagnata dal suo amico lupo bancario tornò a casa per far compagnia alla mamma che stava preparando la cena. Che bel pomeriggio quello passato con Serena Tremendina: Berenice conservava nella sua borsetta di bimba un bigliettino che la sua amica le aveva scritto ma, per essere due amiche tremendine, nessuno seppe mai cosa si scrissero.

Berenice 3

Berenice e il cappello incastrato.

La quaresima era già cominciata e Berenice, come ogni mattina faceva, si alzò dal lettuccio e dopo essersi lavata per benino fece colazione. Allo scoccare dell’ora lunga uscì di casa per andare nel bosco incartato a raccogliere gli ovetti plastici da decorare. Camminando tra i raggi incantati di quel sole ancora invernale ma già generoso, Berenice fantasticava e cavalcava con la mente animali fantastici in luoghi fiabeschi. D’un tratto sentì una vocina che la fece tornare nel mondo reale e, girandosi e rigirandosi capì che quella vocina veniva dalla vicina roccia azzurra. avvicinatasi alla sporgenza, Berenice vide un grosso cappello piumato, incastrato all’in giù nella roccia e quando fece come per toccarlo, quello si lamentò: “ahi, ahi, ahiai che male che ho!”. Berenice chiese allo strano cappello: “chi sei tu?” – “non vedi cara? Sono un cappello, anzi, sono il cappello”. Berenice si trattenne dal lasciare sfuggire una sonora risata e quello continuò: “sono qui incastrato in questa roccia cattiva, non è che mi libereresti per cortesia?”. La piccola si armò di buona volontà e afferrate le falde cominciò a tirare. “Ahi ahi ahi ahiiiii, mi fai male così”. Berenice si fermò: “e come dovrei fare per non farti male?”. Il cappello allora spiegò: “devi avvicinare la testa pian pianino così che io possa adagiarmici sopra. È l’unico modo possibile cara mia”. Berenice accettò e avvicinata la testa al cappello si lascio accarezzare dalle sue falde piumate. Da quel giorno Berenice e il cappello incastrato diventarono grandi amici e non si separarono mai più.

Berenice 2

Berenice e il lupo bancario.

Quel giorno, era di mercoledì, Berenice stava attraversando il bosco incartato e mentre camminava a testa in giù vide di lontano un lupo bancario che raccoglieva fiori pranzolini. Allora la piccola Berenice si rimise in piedi e raggiunse il lupo: “come ti chiami?”, chiese Berenice. Il lupo rispose “Gesualdo”. I due fecero amicizia e cominciarono a passeggiare nel bosco. Si fece mezzo giorno e Berenice salutò il lupo e andò a casa da sua zia Artesilla che le preparò una minestra di piselli scoppiati al vapore. Il giorno seguente Berenice incontrò il lupo Gesualdo al bivio della fabbrica di macchine per scrivere e insieme andarono a fare colazione al bar di Ernesto. Quando ebbero finito la loro colazione, cominciarono a giocare a mazzetti e poi si addormentarono nel bosco.