Le fenicie (Euripide)

Tredici maggio 2017, un sabato a Siracusa in compagnia di Daniele Gonciaruk e ospiti di Hal Yamanouchi.

Il campo rosso come il sangue, al centro un grande albero bianco abbattuto e intorno a quello la tragedia ha inizio. La tragedia è tutta familiare, qui Edipo è spettatore del dramma che vede la sua progenie soccombere a causa di onore e potere. Ma questa volta la tragedia è veloce, non veste i panni aulici, non segue il ritmo lento e pausato del dolore e del destino; certo, nessuno potrà sfuggire al destino e il dolore di Giocasta si amplifica sfociando nel mare della modernità. Antigone, Creonte, Polinice, Eteocle, Meneceo e la stessa Giocasta sono personaggi della guerriglia urbana, di una possibile dittatura sudamericana. Anche Tiresia è un uomo del ventesimo secolo, un reietto costretto ai margini della società, uomo che vede il destino ma il cui vaticinio terribile traccia la via della salvezza. Il ritmo è come dicevo veloce, le movenze sono quelle della modernità, le tuniche lasciano il posto alle uniformi del nostro tempo. Ma il ritmo si spezza ed entra l’araldo che porta notizie funeste ma quello è un cantastorie, è il più siciliano dei tebani, è l’unico che sa come sono andate le cose e che rassicura Giocasta ma senza successo. Lui, l’araldo ce la mette tutta e con foga e narrazione tra cuntu ed epopea cavalleresca mette in scena la tragedia della guerra e la vede con gli occhi della Siracusa del ventunesimo secolo che si è fatta Tebe per narrarci una storia terribile ma senza perdere la sua natura di città moderna immersa nel passato. E quindi Araldo spezza il canto funebre con un cammeo dal ritmo brillante e quasi come fosse uno swing traghetta la storia nel suo crudo epilogo giocando con le parole e con i gesti che sono propri della nostra sicilianità come a esorcizzare il dolore inevitabile della sconfitta umana e della morte. Solo Edipo, vecchio, cieco e disilluso è immerso per intero nella antica Grecia: lui non si è mosso di lì e grave, lento e pausato, ci riporta con un tuffo millenario nella Grecia classica del quinto secolo avanti Cristo e austero si erge aiutato da Antigone a intraprendere la via di Colono. I fratelli Eteocle e Policine giacciono sul campo e sui loro corpi giace anche Giocasta e su tutti, immolato alla patria giace Meneceo mentre Creonte subisce la condanna di essere rimasto in vita.

Fenicie
Tragedia di Euripide, 53° ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro greco di Siracusa.

Traduzione di Enrico Medda
Regia di Valerio Binasco

Direttore artistico: Roberto Andò
Scena e costumi: Carlo Sala
Musiche: Arturo Annecchino
Assistente alla regia: Dario Aita
Disegno luci: Pasquale Mari

Interpreti
Giocasta: Isa Danieli
Pedagogo: Simone Luglio
Antigone: Giordana Faggiano
Polinice: Gianmaria Martini
Eteocle: Guido Caprino
Creonte: Michele Di Mauro
Tiresia: Alarico Salaroli
Meneceo: Matteo Francomano
l’araldo: Massimo Cagnina
Edipo: Hal Yamanouchi



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