Berenice e il cappello incastrato.
La quaresima era già cominciata e Berenice, come ogni mattina faceva, si alzò dal lettuccio e dopo essersi lavata per benino fece colazione. Allo scoccare dell’ora lunga uscì di casa per andare nel bosco incartato a raccogliere gli ovetti plastici da decorare. Camminando tra i raggi incantati di quel sole ancora invernale ma già generoso, Berenice fantasticava e cavalcava con la mente animali fantastici in luoghi fiabeschi. D’un tratto sentì una vocina che la fece tornare nel mondo reale e, girandosi e rigirandosi capì che quella vocina veniva dalla vicina roccia azzurra. avvicinatasi alla sporgenza, Berenice vide un grosso cappello piumato, incastrato all’in giù nella roccia e quando fece come per toccarlo, quello si lamentò: “ahi, ahi, ahiai che male che ho!”. Berenice chiese allo strano cappello: “chi sei tu?” – “non vedi cara? Sono un cappello, anzi, sono il cappello”. Berenice si trattenne dal lasciare sfuggire una sonora risata e quello continuò: “sono qui incastrato in questa roccia cattiva, non è che mi libereresti per cortesia?”. La piccola si armò di buona volontà e afferrate le falde cominciò a tirare. “Ahi ahi ahi ahiiiii, mi fai male così”. Berenice si fermò: “e come dovrei fare per non farti male?”. Il cappello allora spiegò: “devi avvicinare la testa pian pianino così che io possa adagiarmici sopra. È l’unico modo possibile cara mia”. Berenice accettò e avvicinata la testa al cappello si lascio accarezzare dalle sue falde piumate. Da quel giorno Berenice e il cappello incastrato diventarono grandi amici e non si separarono mai più.